Numero 16 ABSTRACT

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In Filoforme - Abstract ITA

FILO FORME anno 8 n. 16

 

La personalizzazione del prodotto moda: lasabui
Stefanella Sposito (pag. 2)

La moda come fenomeno di costume si pone in sintonia con le evoluzioni e le trasformazioni in atto all’interno del proprio contesto sociale ed economico. Oggi le imprese operano in un’economia globalizzata, caratterizzata da una maggiore varietà di beni e servizi ed il consumo generalizzato, che oscilla di continuo tra invenzione ed imitazione. Il concetto di personalizzazione muove la produzione di abiti su richiesta, consentendo di assecondare la ricerca del pezzo unico. Un esempio di questa tendenza è rappresentato dai LASABUI, un marchio ideato nel 1995 da Valeria Bosco, designer italiana che opera in modo creativo sul trattamento dei materiali, effettuando una nobilitazione su tessuto e su capo, che riporta in auge le antiche tinture a riserva, tipiche dei manufatti etnici, realizzati con importanti differenziazioni, un po’ ovunque nel lontano Oriente: Cina, Giappone, India, Indonesia ed Africa. In queste aree la tintura era applicata uniformemente in un solo colore, ma anche solo su determinate zone del tessuto finito, come pure soltanto sui fili, in modo da ottenere una variazione cromatica nel corso della lavorazione. L’intervento di Lasa Bui attinge a piene mani ad alcune rielaborazioni dello shibori, del plangi, del batik di antica memoria, ma prevede anche l’impiego di pittura ad aerografo, dripping e tecniche a rullo e a stampa, che permettono di abbracciare la fusione d’interessanti risvolti grafici e pittorici. Attraverso un “repechage” storico che ne modifichi radicalmente forme e contenuti, coniugato ad un salto di paradigma prospettico, il designer di oggi può giungere ad una re-interpretazione o ri-visitazione dell’oggetto moda, che in modo camaleontico viene riproposto come un nuovo ibrido, a metà strada tra qualcosa di noto e conosciuto, e perciò fortemente rassicurante, e qualcosa di totalmente nuovo e inconsueto e perciò irrinunciabile.

SUL FILO DELLA POESIA II: i costumi indiani e del Kashmir.  Il chogha ricamato del Metropolitan Museum of Art di New York
Elisa Gagliardi Mangilli (pag. 11)

Questo è il secondo articolo della serie “Sul filo della poesia” dedicata ai manufatti tessili indiani e kashmiri il cui motivo decorativo ricamato, a soggetto figurato, trae ispirazione dalla letteratura persiana e indiana. Nella prima parte di questo breve studio sono state descritte le tipologie di indumenti caratteristici della storia del costume indiano quali il jama, l’angarakha, il pijama e il chogha. Nella seconda parte è stato analizzato e descritto un choga in pashmina nera che si trova nella collezione di Arte Islamica del Metropolitan Museum of Art di New York. Il soggeto del ricamo è tratto dal poema romanzesco Khamseh (Quintetto) di Nizami.

Il costume teatrale nell’età barocca
Doretta Davanzo Poli (pag. 18)

Il costume teatrale barocco è il costume per eccellenza; fantasioso, esotico e anacronistico mescola spunti e temi provenienti da culture e epoche storiche diverse. L’Italia è stata un fulcro creativo nel settore grazie alle numerose corti, in ciascuna delle quali si svolgevano rappresentazioni teatrali e performances musicali. Proposte di costumi teatrali sono incluse nel cinquecentesco Libro del Sarto, ma sarà la creatività di Ottavio Rinuccini, Nicola Sabbatini e Tommaso Borgonio a dare un impulso determinante al genere.
I costumi non si discostano molto dalla moda coeva, anche se appesantiti da una profusione di decorazioni e, talvolta, da mascheramenti facciali; nel caso di spettacoli di corte, i nobili pretendevano vesti sceniche adeguate al loro rango ma, spesso, non al personaggio interpretato.

Il telaio di supporto di due paliotti d’altare in seta ricamata
Elena De Sabbata, Angela Pizzolongo (pag. 23)

Lo studio analizza il telaio di supporto adottato per il rimontaggio di due paliotti in seta ricamata, appartenenti al Duomo di Santa Maria assunta di Gemona del Friuli e recentemente collocati nel Museo della Pieve e Tesoro del Duomo. I due paliotti sono opera delle sorelle Cassandra e Antonia Vintani, che li realizzarono nel 1854 e nel 1856. Sono in taffetas avorio, con elementi decorativi lavorati a ricamo a rapporto di disegno unico, realizzato con fili di seta policromi e filati metallici in oro e argento filato e lamellare.
Dopo il restauro dell’apparato tessile, si è affrontato quello dei telai lignei. Volendo migliorare la condizione del supporto a livello strutturale si è deciso di dotarli anche di un sistema di tensionamento. In forma inedita è stato traslato al tessile ciò che da anni ormai si applica ai dipinti su tela, il Telaio armonico quale supporto ideale per tele dipinte: la realizzazione dei supporti in oggetto, ha inserito i suoi principi ispiratori in quel già vasto e vivace dibattito sulle problematiche inerenti le strutture di sostegno per dipinti che, dagli anni sessanta ad oggi, ha visto il realizzarsi di soluzioni diverse tra loro, ma aventi quale unico traguardo tecnico quello del mantenimento della planarità delle tele per mezzo di sistemi di tensionamento elastico.
Il processo di funzionalizzazione dei supporti antichi dei due paliotti li ha modificati consentendo loro di divenire parte attiva nel sostegno del tessuto, per garantirne la conservazione e la trasmissione al futuro.