In principio fu la pubblicità. Critica della ragione pubblicitaria

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Siamo davvero convinti di sapere tutto di quello spettacolo che chiamiamo pubblicità? Da mera leva di marketing, la pubblicità ha col tempo rivelato la sua natura più profonda, manifestando i caratteri onirici, religiosi e metafisici di un Sonno (Debord) che ci tiene sveglissimi, incollati allo schermo delle Meraviglie. Se Alice siamo noi, il Cappellaio Matto che uccide il Tempo è il pubblicitario di questo Sogno capovolto. «È sempre l’ora del tè»: è sempre l’ora della merendina, è sempre l’ora della proposta commerciale. Ma quando inizia, dove ha origine la pubblicità?

Seguendo un replay interpretativo della genesi biblica, possiamo ricostruire una provocatoria genealogia della pubblicità che ci porta ad affermare che «In principio fu la pubblicità» e che alla domanda per antonomasia della filosofia, «Perché vi è l’essente e non il nulla?», ci fa rispondere «Anzitutto, perché l’essere è pubblicizzato». Il mestiere più antico del mondo non è quello che comunemente si pensa, ma quello del pubblicitario: ricordate il serpente del giardino edenico? Anche per questo, possiamo affermare che lo spettacolo pubblicitario è la ricostruzione mediatica dell’illusione religiosa; l’uomo, che si conferma essere un essere desiderante (di essere, e in particolare di essere Dio), è determinato da un limite («Non mangerai di quel frutto»): la pubblicità gli è oggi indispensabile per convincersi di poter andare finalmente oltre quel limite. D’altronde, nel paradossale spettacolo pubblicitario, noi siamo e tutto è «Senza limiti, senza frontiere» e «Tutto gira intorno a noi» perché «Noi valiamo», perché possiamo andare «Oltre il possibile». E «Per tutto il resto,» comunque «c’è Mastercard».

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Marco Maggio è nato nel 1989 a Milano, città in cui vive e lavora. Finito il liceo classico al Collegio San Carlo, si iscrive all’Università San Raffaele dove si laurea prima al corso di laurea triennale in comunicazione, facoltà di psicologia, per poi completare gli studi accademici con la laurea magistrale in filosofia. In principio fu la pubblicità – Critica della ragione pubblicitaria è la tesi finale con la quale ha cercato di creare un’indagine coerente rispetto ai due diversi indirizzi di studio. Si occupa di comunicazione, costume e pubblicità collaborando con alcuni giornali, gestisce la rubrica Provox per diversi blog. Attualmente è impegnato in un nuovo progetto di scrittura.