Le pietre sanno parlare. Il linguaggio dell’architettura del paesaggio nella costruzione della memoria collettiva contemporanea

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Nei decenni a cavallo fra i secoli XIX e XX mausolei, cenotafi, altari della patria e innumerevoli monumenti commemorativi riempiono le piazze di ogni città, celebrando la forza politica, le conquiste belliche e le morti illustri con statue e costruzioni, in un tripudio di pietra e marmo.

Negli anni che seguono, dopo le due guerre mondiali e gli stermini di massa, l’Olocausto e le bombe atomiche, si assiste a una mutazione nell’individuazione di elementi simbolici capaci di rappresentare quelle immani tragedie e, di conseguenza, a un cambiamento nella progettazione e nella costruzione dei luoghi della memoria.

Si cercano nuove soluzioni e si intravede nella natura una possibile alleata al ricordo, riconoscendo in questa un potere rigenerante e consolatorio ben più efficace.

Prendono forma, quindi, altre tipologie di costruzione, con linguaggi ed elementi diversi, legati questa volta alla progettazione degli spazi aperti e al rapporto con il paesaggio, e che caratterizzano l’evoluzione nella costruzione dei luoghi del ricordo del XXI secolo.

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Flavia Pastò, architetto e paesaggista. Laureata in architettura a Venezia, ha poi conseguito un master in Progettazione del Paesaggio e delle Aree Verdi presso l’Università di Torino e il dottorato Europeo in Progettazione Paesaggistica presso l’Università degli studi di Firenze e la Technische Universität di München.
Assegnista di ricerca presso l’università IUAV di Venezia (2014-2015), alterna l’attività professionale alla ricerca e alla didattica, collaborando il Politecnico di Milano e l’Università di Trieste, dove è attualmente titolare del corso di progettazione del paesaggio.