Vendetta e pace. René Girard e l’ordine sociale anatomia sintetica degli antagonismi che modellano la vita
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Che cosa permette a una società di esistere e a un ordine sociale di perpetuarsi? Il “linciaggio fondatore”, risponde René Girard. Siamo nella notte dei tempi, lo scenario è quello hobbesiano dello stato di natura, la violenza sta dilagando: emerge, selezionato dal caso, un capro espiatorio che sembra essere il responsabile di tutte le avversità; su di esso, unanime, si scaglierà la folla.
La violenza, individuato uno sfogo, si stempera e può tornare la pace. È un “successo”: l’evento mostruoso allora strutturerà le ripetizioni rituali, genererà tabù e divieti, alimenterà la narrazione mitologica. È il circolo vizioso tra la violenza e il sacro quello che si sta attivando e che dominerà gli esseri umani per moltissimo tempo.
Fino a quando nella Storia non tuoneranno le parole “Misericordia io voglio e non sacrificio”, e con esse la denuncia della fonte inaspettata della violenza: l’uomo stesso. Una volta riconosciuto che la vittima è incolpevole, diventa sempre più difficile fare ricorso alla violenza contro di lei. La verità misconosciuta del diabolico circolo vizioso viene rivelata e da quel momento inizia il processo di secolarizzazione ancora oggi in atto.
L’opera di Girard è un solo lungo ragionamento dall’inizio alla fine, per usare le parole di Charles Darwin che descrisse così il suo L’origine della specie. Riesce a spiegare il cammino culturale dell’uomo e contemporaneamente esige una comprensione esistenziale che cancella ogni separazione tra l’osservatore e ciò che si osserva.
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Nato a Venezia nel 1966, laurea in Scienze Politiche all’Università di Padova con una tesi sul pensiero dell’antropologo francese René Girard, considera la proposta teorica di quest’ultimo una pagina cruciale del racconto scientifico in cui l’uomo narra di se stesso e indaga sulle conseguenze delle proprie azioni.
Crede nella concreta possibilità di dialogo tra antropologia girardiana e discipline sociali, consapevole che le odierne sfide alla conoscenza debbano essere affrontate favorendo la contaminazione reciproca di materie che solo apparentemente sembrano non comunicare tra loro: in realtà, quando si parla di divisione del lavoro sociale piuttosto che di indifferenziazione, di devianza oppure di adattamento, di coscienza collettiva e di individualismo, di disincanto del mondo, alla fine si sta parlando sempre di umanità.